La Bibbia testimonianza privilegiata della Parola
«Occorre pertanto – scrive Benedetto XVI – che i fedeli vengano maggiormente educati a cogliere i diversi significati di parola di Dio e a comprenderne il senso unitario. Anche dal punto di vista teologico è necessario che si approfondisca l’articolazione dei differenti significati di questa espressione perché risplenda meglio l’unità del piano divino e la centralità in esso della persona di Cristo. Il primo e generale significato di parola di Dio è la comunicazione che Dio fa di se stesso, per creare comunione. Seguono diversi significati che vanno attentamente considerati e relazionati fra loro, sia dal punto di vista della riflessione teologica che dell’uso pastorale» (cfr. VD 7).
«Le Sacre Scritture sono la “testimonianza” in forma scritta della parola divina, sono il memoriale canonico, cioè normativo, storico e letterario che attesta l’evento della Rivelazione creatrice e salvatrice» (cfr. Messaggio sinodale: la parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa).
Per questo motivo la Chiesa venera le sacre Scritture, pur non essendo la fede cristiana una «religione del Libro»: Il cristianesimo è la «religione della Parola di Dio», non di «una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente». La Scrittura va, dunque, proclamata, ascoltata, letta, accolta e vissuta come parola di Dio, nel solco della tradizione apostolica dalla quale è inseparabile. La venerazione che la Chiesa riserva alle Scritture è pari a quella dell’Eucaristia. Questa certezza formulata nella DV è ribadita con forza nella VD (cfr. DV 21;VD 7).
Il titolo dell’esortazione apostolica Verbum Domini si riallaccia alla Dei Verbum e mentre ricorda la continuitàtra l’Antico e il Nuovo Testamento e il suo compimento e superamento nella Persona di Gesù Cristo, ne designa una evidente connotazione liturgica. Nelle celebrazioni liturgiche, soprattutto nell’Eucaristia, il popolo di Dio quando ringrazia per il cibo della Parola esclama: ‘Verbum Domini . Si riferisce, cioè alla Persona del Verbo incarnato, Gesùdi Nazaret, presente nella Parola proclamata. Il titolo Verbum Domini indica che la liturgia è luogo privilegiato della divina Parola.
La voce di san Giovanni XXIII profeta del nostro tempo
· «Insegnare la Sacra Scrittura, particolarmente il Vangelo, al popolo, rendere questi figlioli commessi alle nostre cuore familiari, al libro sacro, è come l’alfa delle attività di un vescovo e dei suoi sacerdoti. L’omega, vogliate concedermi questa immagine apocalittica, è rappresentata dal calice benedetto del nostro altare quotidiano… Nel libro la voce di Cristo sempre risonante ai nostri cuori: nel calice il sangue di Cristo presenta a grazia, propiziazione, a salute nostra, della santa chiesa e del mondo. Le due realtà vanno insieme: la parola di Gesù e il sangue di Gesù. Fra l’una e l’altro seguono tutte le lettere dell’alfabeto: tutti gli affari della vita individuale, domestica, sociale; tutto ciò che è importante pure, ma è secondario in ordine al destino eterno dei figli di Dio, e che non vale se non in quanto è sostenuto dalle due lettere terminali: cioè la parola di Gesù sempre risonante in tutti i toni nella santa chiesa dal Libro sacro, e il sangue di Gesù nel divino sacrificio, sorgente perenne di grazie e di benedizioni» (A.G. Roncalli, La Scrittura e s. Lorenzo Giustiniani, Quaresima 1956).
· «Se tutte le sollecitudini del ministero pastorale ci sono care e ne avvertiamo l’urgenza, soprattutto sentiamo di dover sollevare da per tutto e con continuità di azione l’entusiasmo per ogni manifestazione del Libro Divino, che è fatto per illuminare dall’infanzia alla più tarda età del cammino» (san Giovanni in Laterano, 23.11.1958).