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Gaudete et exsultate

Gaudete et exsultate

Gaudete_Exultate1Fin dai primi passi dopo l’elezione al soglio pontificio nel 2013 – sottolinea il sito www.vaticannews – Francesco si è soffermato sulla santità nella Chiesa e in più occasioni ha tracciato non solo un profilo di ciò che contraddistingue l’essere santi – la gioia, l’umiltà, il servizio e non di rado il nascosto -, ma ha anche indicato che cosa un santo non è: un superbo, un vanitoso, un «cristiano di apparenza», un «supereroe».

Il 19 novembre 2014, all’udienza generale, Papa Francesco affrontò il tema della vocazione universale alla santità richiamata dal Concilio, spiegando innanzitutto che “la santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù, quando ci prende con sé e ci riveste di sé stesso, ci rende come Lui”. La santità, affermava Bergoglio, “non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano”. E per essere santi, “non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi” o per chi ha la possibilità di “staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera”.

 La santità, spiegava ancora Francesco, “è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova… Ma tu sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli”.

Quando il Signore ci invita a diventare santi – affermava il Papa in quella catechesi – non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste… Tutt’altro! È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto». Il richiamo alla gioia rappresenta un rimando sia a Evangelii gaudium sia ad Amoris laetitia . Quest’anno, come ha comunicato lo stesso Francesco, si celebrerà la canonizzazione di Paolo VI, il Papa che il 9 maggio 1975, in pieno Anno Santo, pubblicò un’esortazione apostolica dedicata alla gioia cristiana, Gaudete in Domino.

Gaudete et exsultate è la terza esortazione apostolica firmata da papa Bergoglio dopo Amoris laetitia sull’amore nella famiglia (19 marzo 2016) e dopo Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale (24 novembre 2013). A questi documenti si aggiungono le due encicliche Laudato si’ (24 maggio 2015) e Lumen fidei (29 giugno 2013). La nuova esortazione apostolica è stata presentata alla stampa lunedì 9 aprile c.m. dall’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, dal giornalista Gianni Valente e da Paola Bignardi, ex presidente dell’Azione cattolica.

Non un trattato sulla santità ma il desiderio di incarnarla nel contesto attuale. Questo l’obiettivo che Papa Francesco si propone con la nuova Esortazione Apostolica. La sfida è quella di proporre a tutti la chiamata alla santità come meta perché  viverla significa avere una vita felice e non annacquata, ha spiegato il Vicario del Papa per la diocesi di Roma, mons. Angelo De Donatis. “È un aiuto a tenere il nostro sguardo ben largo”. “È contro la tentazione di ridurre la visuale o di perdere l’orizzonte. Accontentarci a vivacchiare”, sintetizza. Una santità, dunque, non appannaggio di chi dedica la sua vita alla preghiera o ad un particolare ministero ma che è una proposta nella vita di  tutti, ogni giorno. Non a caso Papa Francesco parla della “santità della porta accanto”, cioè ad esempio dei padri e delle madri, che lavorano per portare il pane a casa e crescono con amore i loro figli. “Non si possono fare strategie o piani pastorali per produrre la santità”, sottolinea anche il giornalista Gianni Valente, che ha illustrato il secondo capitolo. Due le falsificazioni della santità che per il Papa possono affacciarsi: due eresie dei primi secoli, pelagianesimo e  gnosticismo, che possono ancora sedurre il cuore dei cristiani. Da una parte per il pelagianesimo Cristo sarebbe venuto per dare il buon esempio, la natura umana non sarebbe ferita dal peccato e quindi tutto dipende dallo sforzo umano. Invece – spiega Valente – è il lavoro della grazia a trasformarci in modo progressivo. L’altro rischio è lo gnosticismo quando si concepisce la fede come cammino di conoscenza di verità. Ma “se il cristianesimo viene ridotto a una serie di messaggi e a una serie di idee – fossero pure l’idea della grazia o l’idea di Cristo – a prescindere però dal suo operare reale, allora inevitabilmente la missione della Chiesa si riduce ad una propaganda, ad un marketing: cioè alla ricerca di metodi per diffondere quelle idee e convincere altri a sostenerle”, spiega il giornalista ricordando anche che Francesco non vuole fare battaglie culturali ma chiedere che sia il Signore a liberare dalle forme di gnosticismo e pelagianesimo.

Su terzo e quarto capitolo, le riflessioni di Paola Bignardi. Carta di identità del cristiano sono le Beatitudini. Soprattutto riguardo alla misericordia, la Bignardi ricorda l’esempio riportato al numero 98 del documento  “che – dice – dà l’idea, in maniera molto concreta, di che cosa questo significhi, e in qualche modo mostra il discrimine tra l’essere cristiani e il non esserlo”: “quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda”, posso considerarlo un imprevisto fastidioso o riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, come me infinitamente amato dal Padre.

“Dio è sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere, afferma l’Esortazione; ci conduce là dove si trova l’umanità più ferita e dove gli esseri umani, al di sotto dell’apparenza della superficialità e del conformismo, continuano a cercare la risposta alla domanda sul senso della vita. Dio non ha paura! Non ha paura! Va sempre al di là dei nostri schemi e non teme le periferie. Egli stesso si è fatto periferia (cfr Fil 2,6-8; Gv 1,14). Per questo, se oseremo andare nelle periferie, là lo troveremo: Lui sarà già lì. Gesù ci precede nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima ottenebrata. Lui è già lì”.

“La santificazione è un cammino comunitario; la comunità è chiamata a creare quello «spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto». Condividere la Parola e celebrare insieme l’Eucaristia ci rende più fratelli e ci trasforma via via in comunità santa e missionaria. La vita comunitaria, in famiglia, in parrocchia, nella comunità religiosa o in qualunque altra, è fatta di tanti piccoli dettagli quotidiani. Ricordiamo come Gesù invitava i suoi discepoli a fare attenzione ai particolari. Il piccolo particolare che si stava esaurendo il vino in una festa. Il piccolo particolare che mancava una pecora. Il piccolo particolare della vedova che offrì le sue due monetine. Il piccolo particolare di avere olio di riserva per le lampade se lo sposo ritarda. Il piccolo particolare di chiedere ai discepoli di vedere quanti pani avevano. Il piccolo particolare di avere un fuocherello pronto e del pesce sulla griglia mentre aspettava i discepoli all’alba.

La comunità che custodisce i piccoli particolari dell’amore, dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e costituiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore, è luogo della presenza del Risorto che la va santificando secondo il progetto del Padre”.

“Malgrado sembri ovvio, la santità è fatta di apertura abituale alla trascendenza, che si esprime nella preghiera e nell’adorazione. E poi “come sapere se una cosa viene dallo Spirito Santo o se deriva dallo spirito del mondo o dallo spirito del diavolo? L’unico modo è il discernimento, che non richiede solo una buona capacità di ragionare e di senso comune, è anche un dono che bisogna chiedere. Se lo chiediamo con fiducia allo Spirito Santo, invita il Papa, e allo stesso tempo ci sforziamo di coltivarlo con la preghiera, la riflessione, la lettura e il buon consiglio, sicuramente potremo crescere in questa capacità spirituale”.

“Spero che queste pagine siano utili perché tutta la Chiesa si dedichi a promuovere il desiderio della santità”, così quasi a conclusione l’Esortazione e prosegue: “Chiediamo che lo Spirito Santo infonda in noi un intenso desiderio di essere santi per la maggior gloria di Dio e incoraggiamoci a vicenda in questo proposito. Così condivideremo una felicità che il mondo non ci potrà togliere”.

D.S.