La Scrittura ritorna nelle mani dei credenti
Cinquant’anni fa, il 18 novembre 1965, finalmente, iI Concilio Vaticano II, verso la sua chiusura ( 7 dicembre 1965) promulga l’attesa Costituzione dogmatica, Dei Verbum (DV) sulla divina rivelazione. L’iter per la sua promulgazione fu lungo e faticoso, ma il risultato colmò l’attesa dei tanti ‘profeti’ e pastori, che mossi dallo Spirito, auspicavano la centralità della Scrittura nella vita della Chiesa. La DV recepisce le istanze fondamentali del movimento biblico del Novecento che desidera liberare il testo sacro dall’ interpretazione dottrinale e moralistica del tempo, che rendeva difficile la comprensione della Bibbia come parola di Dio in parole umane, promuovere una familiarità orante di tutti i fedeli con la Bibbia, riporlanelle loro mani dalle quali era stata esiliata. Autorevoli studiosi e pastori definirono il Vaticano II come il Concilio della Bibbia. I testimoni del Concilio ricordano, poi, che, in tutte le sessioni conciliari, la sacra Bibbia era esposta al centro della Basilica di San Pietro, che era usata come Aula del Concilio. Questa centralità del libro sacro era un simbolo inequivocabile del ruolo centrale della parola di Dio in tutte le deliberazioni del Concilio.
La novità della Dei Verbum emerge già dall’incipit del testo: «In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia» che riassume l’essenza della Chiesa, depositaria della Parola, nella sua duplice dimensione di ascolto e di proclamazione. La Parola di Dio, senza dubbio, è al primo posto nella auto – comprensione della Chiesa, che dal Concilio esce con il volto di discepola, serva e madre.
Ecco la grande svolta: prima del Vaticano II si riteneva che la rivelazione consistesse nelle verità da capire, ricordare a memoria e insegnare. La fede consisteva, soprattutto, nella loro trasmissione ripetitiva. La DV sottolinea, invece, che la rivelazione è ‘buona notizia’: Dio, che ama la vita, esce dalla sua solitudine e, tramite la sua parola, intreccia con l’umanità una relazione di alleanza . Egli «parla» per invitare gli uomini e le donne alla comunione con lui e da essi si attende quella risposta obbediente che s’identifica con la fede /relazione, prima che con il credere (cfr. Proemio basato su 1Gv 1,2-3). Il credere, in realtà, non è la prima fase del rapporto con Dio. La prima fase è, invece, l’incontro che scaturisce dall’ascolto. La parola di Dio non istruisce su dottrine alle quali l’umanità non può accedere con la sola ragione. Al contrario, è comunicazione viva da persona a persona. Si precisa che Dio parla «con eventi e parole» (n.2), vale a dire, nella storia che ha il suo compimento in Gesù Cristo (cfr. DV 2; 4; 7; 13). Per farsi capire, Dio usa la lingua degli uomini in tutte le sue forme espressive. Con la Dei Verbum, dunque, la centralità di Cristo, Parola incarnata diviene criterio ermeneutico assoluto.
Il capitolo VI dal titolo “La Sacra Scrittura nella vita della Chiesa” apre le piste per realizzare questa ‘conversione teologico pastorale’. In esso si afferma che la Bibbia non è un libro ‘religioso’ riservato a pochi eletti ma contiene la parola di Dio per la vita della Chiesa. Le sante Scritture sono ‘l’anima’ della vita e della missione della Chiesa, la sua fonte, la sua origine, la sua ispirazione; tutta la predicazione ecclesiastica e la religione cristiana deve essere nutrita e regolata dalla Sacra Scrittura (cfr.n. 21). Di qui la necessità di traduzioni nelle lingue moderne, dello studio dei sacri testi, con i nuovi metodi esegetici; la sua importanza fondamentale nella teologia e nella vita spirituale di tutti i credenti, i quali, soprattutto i religiosi, devono apprendere la ‘sublime scienza di Gesù Cristo’ con la frequente lettura delle divine Scritture (cfr. n.25). Questa pressante esortazione fu rafforzata dalla frase di San Girolamo: «L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo». Si propone, quindi, un modo efficace per accostarsi al testo sacro definito della ‘pia lettura’ che oggi diciamo ‘lectio divina’.
La gioia che la DV suscitò nella Chiesa ricorda le parole di papa Giovanni XXIII, quando l’ 11 ottobre 1962, aprì il Concilio Vaticano II dicendo: «Gioisci Madre Chiesa». L’invito alla gioia ricorda quello dei profeti che vedono la novità di Dio in mezzo al suo popolo sofferente: «Rallegrati Gerusalemme…» (Is 49,13) e dell’angelo a Maria: «Gioisci il Signore è con te» (Lc 1,28)!
Giovanni XXIII in un tempo carico di gravi problemi che, al suo dire, ‘suscitano i profeti di sventura che annunciano sempre il peggio’, annunciò con coraggio profetico l’aurora di un giorno pieno di luce. Che cosa può essere questa luce se non la parola di Dio, testimoniata nella Bibbia, che è luce al nostro cammino, roccia solida, grazie alla quale la casa costruita su di essa resiste alle intemperie?
Siamo ancora all’aurora (Da sapere che)
· La DV fu preceduta dalle Costituzioni che riguardano il rinnovamento della liturgia, Sacrosantum Concilium (SC); l’identità della Chiesa: Lumen Gentium (LG) e seguita dalla Gaudium et Spes (GS) che riflette sul suo essere in ascolto e a servizio dell’umanità (7 dicembre 1965). La parola di Dio che anima ognuna di queste tre Costituzioni e ne costituisce l’asse portante testimonia l’importanza che la Bibbia ebbe nella riflessione conciliare.
· In questi cinquant’anni, la Bibbia o parti di essa è stata tradotta in 2454 lingue diverse. Restano altre 4500 lingue in attesa di essere confrontate con le sante Scritture. Dai calcoli delle Società Bibliche compiute nel 2009 risulta che solo il 2 per cento o quasi dei 2 miliardi di cristiani può leggere, se vuole, la Bibbia nella propria lingua! Tra questi quanti la ritengono l’unica luce al proprio cammino? Come disse Giovanni XXIII: ‘siamo ancora all’aurora’!