Scrittura e Tradizione
E’ un dato acquisito che il Concilio Vaticano II è stato pastorale. Il Papa ‘buono’ nel leggere i ‘segni dei tempi’ sentì che sulla Chiesa gravava il compito inderogabile di «aggiornare» la pastorale per comunicare «le verità di sempre» in modo comprensibile: «Altro è il deposito della fede, altro è il modo con il quale esse sono annunziate… È importante il metodo dell’annuncio perché l’indole del Magistero è pastorale» (cfr. Gaudet Mater Ecclesiae, 6.5).
L’ottica pastorale del Concilio nella Dei Verbum si esprime nella nuova visione del rapporto della Chiesa con la rivelazione, definito in termini di ascolto, annuncio e trasmissione. La Chiesa comprende se stessa come comunità di fede che vive in ‘religioso ascolto ’ della Parola. L’immagine di popolo in ascolto trova le sue radici nell’AT dove Dio invita il popolo a vivere dell’ascolto e nell’ascolto. «Ascolta, Israele: Il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze…» (Dt 6,4) è il monito che scandisce la Bibbia. Al ritorno dall’esilio babilonese, ritornato in patria, ritrova la propria identità di popolo di Dio quando si trova radunato intorno alla Parola che ascolta, interpreta nell’oggi e guida le sue azioni nella solidarietà (cfr. Ne 8,1-18). Il libro dell’Apocalisse presenta la Chiesa come comunità di ascolto della Parola che la converte, incoraggia, rafforza nella fedeltà dinanzi alla complessità della storia che la spinge controcorrente e la prepara ad accogliere il ritorno definitivo del Signore (Ap 2, 7.11.17.29; 3,6.13.22; 22,17). Si comprende che la parola di Dio è il fondamento della Chiesa che da essa è edificata, nutrita, custodita. La Chiesa non è e non può ritenersi proprietaria della Parola, ma è responsabile di un patrimonio immenso che non è suo: lo ha ricevuto, lo vive e lo e trasmette fedelmente, prestandovi piena sottomissione (cfr. At 6,4).
Prima del Concilio si riteneva che Scrittura e Tradizione costituissero due fonti della rivelazione. La DV supera quest’antica e sterile teoria delle ‘due fonti’ e sottolinea con forza l’unità originaria di Tradizione e Scrittura, la loro reciproca dipendenza e necessaria complementarietà.
Questa acquisizione non è stata facile e ha incontrato molte opposizioni tra i padri conciliari. Forse non lo è ancora adesso. Se a un credente praticante domandassimo: «Cronologicamente viene prima la Tradizione o la Scrittura?» sicuramente indicherebbe la Scrittura. Questa risposta dimentica che senza una comunità viva – come testimoniano gli Atti degli Apostoli– e orante che ha custodito, trasmesso e testimoniato l’agire di Dio nella sua storia non ci sarebbe stata alcuna scrittura e quindi nessun libro sacro. Prima vi è la vita poi il libro che a sua volta viene interpreto e tramesso dalla e nella vita delle varie generazioni (cfr. DV 10; At 2,42-47). E’ dentro la Tradizione, intesa come vita stessa della Chiesa, che si spiega il sorgere e la funzione della sacra Scrittura. «La sacra Tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa » (DV 10). La sacra Scrittura (indicata come il parlare di Dio) ha la sua origine nella Tradizione (vita) e deve essere trasportata dalla Tradizione. Privata dalla Tradizione, la Scrittura sarebbe un ‘corpo morto’ ; la Scrittura si distingue, tuttavia, dalla Tradizione in quanto ispirata da Dio e legata al sorgere della storia di salvezza.
Scrittura e Tradizione non sono due fonti parallele ma come uno «specchio nel quale la Chiesa, pellegrina in terra, contempla Dio». Il termine Tradizione (T maiuscola!) non indica, perciò, qualcosa da perpetuare in modo immutabile nei secoli quasi come sinonimo di tradizionalista, ma Tradizione rimanda alla vita della Chiesa che «nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è e a tutto ciò che essa crede». E’ importante notare che la trasmissione non riguarda solo la dottrina (ciò che essa crede) ma ciò che essa è (la vita nella sua globalità).
La Tradizione venendo a coincidere con la vita della Chiesa nella sua completezza, è vivente, vale a dire, in continua crescita. Ogni generazione cristiana riceve le Scritture, le interpreta e le vive in modo aderente ai suoi tempi senza sostituire o annullare il passato. Lo Spirito santo, che ispira le Scritture e guida la Chiesa verso una più profonda comprensione, è alla base del dinamismo della Tradizione, garantendo la fedeltà alla parola di Dio nella storia che cammina verso la pienezza (cfr. Gv 14,26; 16,13-14).
Paolo VI il 18 novembre 1965, data di promulgazione della Dei Verbum, verso la conclusione del Concilio, parlò «diprincipio di molte cose!» nuove per la vita della Chiesa. Sicuramente tra queste cose nuove c’è il recupero del concetto di rivelazione come comunione e un’acquisizione più equilibrata del rapporto Scrittura e Tradizione che inserisce nel solco dinamico della Parola di Dio che agisce nella vita e nella missione della Chiesa.
Un invito da ricordare e vivere
Giovanni Paolo II, nel 2003, invitò l’Europa a entrare nel nuovo millennio con il libro del Vangelo, offrendo, quasi, un metodo di lettura spirituale, scandito da cinque verbi. Quest’invito è un appello che non possiamo eludere tanto più che stiamo per entrare nell’anno giubilare della misericordia.
«Attraversando la Porta Santa, all’inizio del Grande Giubileo del 2000, ho levato in alto davanti alla Chiesa e al mondo il libro del Vangelo. Questo gesto, compiuto da ogni Vescovo nelle diverse cattedrali del mondo, indichi l’impegno che attende oggi e sempre la Chiesa nel nostro Continente.
Chiesa in Europa, entra nel nuovo millennio con il Libro del Vangelo! Venga accolta da ogni fedele l’esortazione conciliare «ad apprendere “la sublime conoscenza di Cristo” (Fil 3, 8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo” ». Continui ad essere la Sacra Bibbia un tesoro per la Chiesa e per ogni cristiano: nello studio attento della Parola troveremo alimento e forza per svolgere ogni giorno la nostra missione.Prendiamo nelle nostre mani questo Libro! Accettiamolo dal Signore che continuamente ce lo offre tramite la sua Chiesa (cfr Ap 10, 8). Divoriamolo (cfr Ap 10, 9), perché diventi vita della nostra vita. Gustiamolo fino in fondo: ci riserverà fatiche, ma ci darà gioia perché è dolce come il miele (cfr Ap 10, 9-10). Saremo ricolmi di speranza e capaci di comunicarla a ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino» (Esortazione apostolica postsinodale, Ecclesia in Europa, n.65).