Circa duecento tra Superiore generali, provinciali e consigliere appartenenti a 95 congregazioni diverse hanno partecipato al convegno dal 23 al 25 novembre c.a. sul tema: “Dalla multiculturalità all’interculturalità”. Tematica questa, presentata nell’Assemblea nazionale USMI dello scorso mese di aprile ed ora riproposta per un’ ulteriore condivisione e approfondimento.
Nella vita consacrata oggi siamo chiamate a confrontarci con interculturalità e a testimoniare che in LUI l’unità nella diversità è possibile. Non è così facile però: occorre un continuo processo di conversione per accogliere le differenze culturali come un dono reciproco per il bene comune.
Ci hanno aiutate nell’approfondimento del tema la dottoressa Antonella Anghinoni, biblista e la professoressa Giuliana Martirani, docente di geografia politica ed economica. Inoltre suor Ana Paola Da Rocha Ferrerira delle suore Scalabriniane) e suor Elisa Kidané, delle suore comboniane nella “tavola rotonda” hanno comunicato la loro esperienza nel campo della formazione e dell’evangelizzazione.
Il Convegno si è aperto con il saluto e l’introduzione della Presidente dell’USMI Nazionale, madre Yvonne Reungoat, nella quale ha messo in evidenza l’importanza del tema poiché oggi, nel rapido mutamento sociale, le nostre congregazioni sono attente all’internazionalità; da qui la necessità di ascoltare l’appello dello Spirito per camminare e progredire nell’unità e nella comunione.
Alla biblista Antonella Anghinoni era stato affidato, all’inizio del Convegno, il tema: “La storia di Rut, donna altra. Non solo l’altro da me, ma l’altro di me”.
Partendo dal testo biblico, con competenza e vivacità, la relatrice ha spiegato i termini della lingua ebraica rendendo espliciti il significato dei nomi che indicano già in se stessi la missione. Rut la “straniera”, la moabita, accoglie la suocera accogliendo il suo popolo e il suo Dio. L’incontro con Booz, provvidenziale e fecondo dà il “figlio a Noemi” e rende concreta la discendenza davidica. Come Rut occorre “farsi prossimo”, imparare ad ascoltare, farsi “compagne di viaggio”, “riconoscere il dono di Dio nell’altra persona”, saper dare il nome alle situazioni, mettere insieme i doni di Dio di ciascuna persona e valorizzarli, coltivare una “mentalità di cambiamento”, mantenere la propria identità e conoscere l’altro, essere capaci di “scelte in perdita che portano un di più di vita”, mantenere l’interesse della comunità al di sopra del proprio personale interesse.
La professoressa Giuliana Martirani, alla quale è stato chiesto di sviluppare il tema dell’intercultura come laboratorio di ospitalità solidale, attraverso le alcune slides di diverse cartine geografiche, ci ha illustrato, inizialmente, la situazione del sud del mondo e il movimento migratorio attuale. Con il metodo del vedere – giudicare – agire ha indicato la necessità di una coraggiosa rivoluzione culturale per integrare la storia e la cultura, per vivere le differenze come armonia di un disegno divino che ci invita a partecipare alla creazione nella gioia di saperci artefici con il Creatore di un mondo nuovo. Una buona dose di “vino nuovo dell’umiltà” ci permetterà di stare nel mondo come “persone nuove”, di essere “contempl-attive”, di ricablare la mente attraverso la meditazione e la contemplazione e di passare dall’indifferenza per l’altro alla mistica della compassione.
Infine la relatrice ha illustrato il significato del ministero dell’”ostiariato”, il “ministero del benvenuto e delle porte aperte”, il ministero dell’accoglienza che è proprio della vita consacrata perché è il ministero della misericordia.
Nel pomeriggio la suddivisione in gruppi ha permesso lo scambio circolare di esperienze.
Nella tavola rotonda conclusiva del Convegno, suor Ana Paola Da Rocha Ferreira, ha condiviso con l’assemblea “esperienze di interculturalità nella vita fraterna”. Alcuni flash della sua comunicazione: “È necessario riconoscere la diversità e la bellezza delle culture diverse dalla propria, senza mortificare la creatività, ma cercando l’armonia. Per questo occorre una conversione personale, cioè la capacità di integrare la propria cultura per godere di un dono più grande che è la ricchezza della differenza. Questo richiede un esercizio di umiltà che necessita di un costante confronto e discernimento.
Suor Elisa Kidané, ha comunicato all’assemblea “esperienze di interculturalità nell’annuncio del vangelo” e ha ribadito l’importanza fondamentale della formazione e dell’accoglienza della diversità. Ha aggiunto inoltre: “L’interculturalità ci interpella; l’altra cultura mi interroga e mi fa crescere, mi apre, mi toglie dalla chiusura su me stessa e su quello che ho sempre conosciuto”. “Togliti i sandali – dice Dio a Mosé – perché quella che calpesti è terra santa”. Questo è l’atteggiamento che ci viene chiesto quando ci relazioniamo con l’altro: accoglienza e rispetto, perché ogni persona è sacra, ogni popolo è sacro. Continuando poi la sua relazione suor Elisa, ha fatto notare l’importanza del linguaggio nella comunicazione del vangelo, un linguaggio all’insegna dell’amore richiamando l’invito di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri, da questo conosceranno che siete miei discepoli”. Sentirsi “figlie di ogni popolo” è un “valore aggiunto”, un dono del Signore.
Le domande in assemblea hanno permesso infine di ritornare su alcuni concetti particolarmente importanti.
Madre Yvonne Reungoat, a conclusione del Convegno ha ringraziato il Signore per la ricchezza dei contenuti, la competenza delle relatrici, il clima sereno e ha sottolineato ancora una volta l’importanza di continuare il cammino della comunione nella diversità delle culture e nella ricchezza del carisma di ciascuna Congregazione.