Attendere: infinito del verbo amare.
Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito.
Santa Maria, Vergine dell’attesa,
donaci del tuo olio perché le nostre lampade si spengono.
Vedi: le riserve si sono consumate. Non ci mandare ad altri venditori.
Riaccendi nelle nostre anime gli antichi fervori che ci bruciavano dentro
quando bastava un nonnulla per farci trasalire di gioia:
l’arrivo di un amico lontano, il rosso di sera dopo un temporale,
il crepitare del ceppo che d’inverno sorvegliava i rientri in casa, le campane a stormo nei giorni di festa,
il sopraggiungere delle rondini in primavera,
l’acre odore che si sprigionava dalla stretta dei frantoi,
le cantilene autunnali che giungevano dai palmenti,
l’incurvarsi tenero e misterioso del grembo materno,
il profumo di spigo che irrompeva quando si preparava una culla.
Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza.
Se ne sono disseccate le sorgenti. Soffriamo una profonda crisi di desiderio.
E, ormai paghi dei mille surrogati che ci assediano,
rischiamo di non aspettarci più nulla neppure da quelle promesse ultraterrene
che sono state firmate col sangue dal Dio dell’alleanza.
Santa Maria, donna dell’attesa,
conforta il dolore delle madri per i loro figli che,
usciti un giorno di casa, non ci son tornati mai più,
perché uccisi da un incidente stradale o perché sedotti dai richiami della giungla.
Perché dispersi dalla furia della guerra o perché risucchiati dal turbine delle passioni.
Perché travolti dalla tempesta del mare o perché travolti dalle tempeste della vita.
Don Tonino Bello